di Giorgio Bicocchi
Sul due a uno, a sei minuti dalla fine di Lazio-Inter del 13 dicembre 1992, Beppe Signori decise che era arrivato il tempo di chiudere anzitempo la gara. Succede spesso ai fenomeni: si stufano dell’equilibrio in cui versa talvolta una gara e decidono di sconfiggere l’incertezza.
Bene, Signori prese palla poco prima del cerchio di metà campo, cominciò a correre a testa bassa, accelerando, spostandosi ora a destra ora a sinistra, le sagome ansimanti di Bergomi e Ferri (mica due difensori qualunque…) che parevano birilli. Appena entrato in area, sotto la curva Nord, Beppe Signori incrociò il tiro con quel suo sinistro divino, battendo senza scampo il portiere nerazzurro Abate, il padre dell’attuale laterale del Milan, che, quella domenica, sostituiva Zenga. Una dinamica che, la stagione successiva, contro il Toro, sempre sotto la curva Nord, con Marchegiani ancora granata, Signori replicò alla grande. Segno di una classe e di guizzi infiniti.
Fu, a conti fatti, forse il più bel gol realizzato da Signori con la maglia della Lazio. Al termine di quella stagione – in cui la Lazio, giungendo quinta in classifica, festeggiò il ritorno in Europa – Signori avrebbe realizzato la bellezza di ventisei gol. Segnando come una vaporiera all’Olimpico e in trasferta, caricandosi sulle spalle un gruppo che, soprattutto fuori casa, denotò spesso cali di concentrazione.
Il repertorio di Beppe-gol si accese in quel pomeriggio, con la Lazio di Zoff che passò in vantaggio nella ripresa grazie ad una punizione infida di Fuser, raddoppiando poi al termine di un contropiede entusiasmante materializzato da Winter. Il biondo Fontolan, uno che in quell’Inter allenata da Bagnoli mai mollava, accorciò le distanze, facendo correre più di un brivido sulla schiena dei cinquantamila dell’Olimpico.
Poi ci pensò Signori, al termine di una serpentina entusiasmante, a far calare il sipario sulla gara, mostrando tutto il repertorio di campione: un grandissimo giocatore che, purtroppo – per le ingiustizie del calcio e della vita – non avrebbe raccolto poi quanto seminato nelle sue stagioni laziali, in esilio quando iniziammo, in rapidissima sintesi, a vincere tutto (o quasi) in Italia e in Europa.
Resta memorabile, al termine di quell’azione, col punteggio stampato sul tre a uno in favore della Lazio, la cordiale presa in giro con la quale, in tribuna d’onore, Enrico Montesano dileggiò simpaticamente Ruben Sosa, stretto nella sua divisa nerazzurra. Pochi mesi prima, da svincolato, il buon Ruben aveva infatti scelto l’Inter per il suo nuovo futuro. E così, davanti a quel gol prodigioso realizzato da Signori, Montesano, immortalato dalle telecamere, schernì l’uruguagio, dicendogli: “… Ma dove sei andato? Ma lo vedi qui chi hai lasciato? Un fenomeno…”. Anche gli occhi di Sosa si illuminarono davanti alla magia di Beppe-gol, furetto imprendibile, una domenica di ventidue anni fa, davanti alla Beneamata.