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17 giugno 1983, Giordano demolisce l’Ajax
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di Giorgio Bicocchi

Giordano 7wtmwtmCinque giorni dopo aver invaso Cava dei Tirreni, centrando il ritorno in serie A, la Lazio festeggiò la promozione incontrando in amichevole all’Olimpico i lancieri dell’Ajax. Erano giorni oggettivamente felici e non solo per il ritorno sul palcoscenico che meritavamo, per tradizione, titoli e lignaggio. Giorgio Chinaglia, ormai, stava concludendo le trattative per acquistare il pacchetto di maggioranza della società, scalzando Gian Casoni, uno dei primi, peraltro, assieme ad Antonio Sbardella, ad aver storto la bocca – alimentando i dubbi – davanti alla solidità finanziaria dei nuovi padroni.

Il vortice mediatico, però, aveva ormai sovvertito le remore. Per ogni tifoso Long John significava “l’american-dream”, il sogno di una Lazio di nuovo protagonista – dopo un triennio di ingiuste prevaricazioni tra i cadetti – per giunta con Chinaglia nuovo Presidente. Di lì a qualche giorno, Giorgione avrebbe concluso in Brasile l’ingaggio di Joao Batista prenotando da Boniperti Michael Laudrup, destinato ad una carriera nei grandi clubs. Sarebbero stati, a conti fatti, meri palliativi, con il futuro contraddistinto da nuove delusioni e cocenti cadute.
Cosi’, venerdì 17 giugno, festanti e eccitati dal ritorno di Long John – che voleva dire ricordi ed emozioni ancora nel cuore di ogni Laziale – la Lazio di Morrone festeggiò in notturna il ritorno in A contro l’Ajax. In cui, in quella calda sera, giocavano, tra gli altri, anche Rijkaard e Van Basten. Con Cacciatori in porta – il portiere tornava in campo dopo la squalifica – il “Gaucho” schierò il centrocampo-tipo composto da Vella. Manfredonia, D’Amico e Badiani. In attacco Ambu dialogava con Giordano, il vero mattatore di quella sera di festa e di rinnovati propositi. La Lazio, dopo quattro minuti di gioco, andò sotto nel punteggio (segnò Bosman, si, proprio quello che, di lì a qualche anno, rivoluzionò il calcio, promuovendo lo svincolo e l’adozione, fino ad allora sconosciuta, della locuzione “a parametro zero”) Bruno, però, viveva uno stato di forma strepitoso: fu lui ad acciuffare gli olandesi nel primo tempo, demolendoli, nei minuti che seguivano, con altri due gol.
Finì con una fiaccolata, lo sventolio di tante bandiere, l’Olimpico che pregustava nuovi orizzonti. Non fu – quella che seguì – una storia (oggettivamente) da raccontare ai nostri nipoti ma la Lazio, nel corso del suo divenire, ci ha abituato a cadute e frequenti resurrezioni. Come quella che dall’88, gradualmente, ci portò sul tetto del mondo.

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