di Giorgio Bicocchi
Mancini segnò subito dal dischetto: evento raro nei tre anni da fenomeno giocati da Roberto in maglia laziale. Gottardi, anticipando la notte da re che avrebbe vissuto da lì ad un mese e mezzo nella finale di ritorno di Coppa Italia contro il Milan, chiuse subito i conti. Sarebbe stato impossibile per i francesi dell’Auxerre – già sconfitti nell’andata dell’Olimpico grazie ad un gol di Casiraghi – riacchiappare e superare quella Lazio-schiacciasassi. Che, in quel periodo della stagione 1997-98, filava come il vento, mettendo assieme una sequenza infinita di risultati positivi, in Italia e Oltralpe.
Pare davvero ieri eppure, come passa il tempo, sono trascorsi ben diciassette anni da quella notte magica. In cui – bene rammentarlo – la Lazio timbrò con merito, per la prima volta nel corso della sua storia, una semifinale europea. Volammo in Borgogna con lo spettro del ritorno in casa della squadra del santone Roux, una sorta di leggenda ad Auxerre e dintorni. Ma avevamo Marchegiani in porta, capitan Nesta nel cuore della difesa, Nedved a correre come un dannato, il Mancio e Boksic, davanti, a finalizzare. Pochi minuti e già vincevamo due a zero, pure applauditi dai tifosi francesi (mai teneri con gli italiani), che pure speravano nel ribaltone dopo l’esiguo uno a zero Laziale portato in dote dall’Olimpico. “Le grand soir”, la grande notte, titolava il giornale distribuito allo stadio, riportato in uno dei documenti a corredo di questa ricostruzione.
Segno che i francesi credevano, eccome, nella storica semifinale da centrare contro una squadra – la Lazio – all’epoca in corsa per lo scudetto, la Coppa Uefa e la Coppa Italia. Al termine di quella stagione estenuante, come ricorderete, arrivò solo la conquista della Coppa Italia mentre l’esperienza europea si infranse contro Ronaldo e Zamorano, nella finale di Parigi. Il campionato, ahinoi, dopo tante speranze, si chiuse malamente, settimi, pure superati dai dirimpettai, reduci dai quattro derbies perduti tra novembre e marzo, record dei records.
In un importante palcoscenico internazionale la Lazio di Eriksson, diciassette anni fa, confermò lo spessore e la personalità di una grande squadra. Mai soffrendo. Vero, quella gara terminò due a due ma solo perché la Lazio, con una moltitudine di gare ancora da giocare e tante risorse energetiche da centellinare, quasi offrì all’Auxerre l’onore delle armi, finendo per farsi raggiungere. Nesta si fece ammonire (saltando l’andata delle semifinali contro l’Atletico di Bobo Vieri), la squadra ritornò in fretta a Fiumicino mentre le decine di pullman che avevano condotto un discreto numero di nostre sostenitori in Borgogna imboccarono festanti la strada verso il Frejus. La Lazio, nella vicina Francia, cancellando gli spettri della notte di Lens, era entrata nella storia.