di Giorgio Bicocchi
Si, probabilmente senza quel colpo di biliardo di Giuliano Fiorini il destino ci avrebbe abbandonato. Saremmo sprofondati negli inferi: per carità, pure il Napoli e la Fiorentina ci sono finiti e sono risorte, sia pure fallendo e poi ripartendo, dunque con una macchia grande cosi’. Ma oggi, 21 giugno, il pensiero di ogni laziale che si reputi tale deve correre a quella afosa domenica di ventisei anni fa, quando l’angoscia, all’ultima curva del campionato cadetto, correva sul filo e il precipizio pareva davvero materializzarsi.
Poi lo ‘stellone’, quell’entita metafisica che sorregge sempre la Lazio quando tutto pare perduto, e’ apparso all’improvviso, calando sull’Olimpico, coniugandosi al guizzo di Giuliano. 21 giugno 1987: alle sette della sera, dopo un pomeriggio strappacuore, la Lazio del meno nove di Fascetti riacchiappava la vita sportiva, salvandosi dalla serie C1 all’ultimo assalto, dopo che il portiere biancorosso Dal Bianco si era trasformato in Batman, annacquando ogni assalto laziale.
Se il 71 e’ diventato il numero talismano attuale, abbinato alla magia di Lulic, alla sesta Coppa Italia ed a dirimpettai cittadini ormai piegati dal corso delle cose, il numero 82 e’ legato a Fiorini e a quella Lazio di ferro. Fu infatti ad otto minuti dalla fine che lo spettro della retrocessione si dileguò, definitivamente scacciato poi dagli spareggi di Napoli e dalla capocciata al fotofinish di Fabio Poli.
Senza però il guizzo di Giuliano, probabilmente, non ci sarebbe stata la Lazio di Cragnotti, quella delle vittorie in serie, del secondo scudetto e non solo, per nostra fortuna. Tutto sarebbe stato ritardato o, peggio ancora, reso invisibile. Per questo, oggi, sarebbe doveroso alzare la testa, guardare il cielo e mandare un bacio a Giuliano, una delle tante anime che da lassù proteggono la Lazio e la sua storia.