di Giorgio Bicocchi
C’era un volta il campionato in bianco e nero, con le maglie delle squadre linde e più belle, senza il marchio degli sponsors. C’era una volta la serie A in cui, a Natale, si giocava, senza concedere ai giocatori lunghe vacanze. In cui non si partiva per mete esotiche, a caccia di ingaggi, in Oriente o nel Golfo Persico, spedendo il campionato in soffitta, per quasi venti giorni.
Il 24 dicembre 1972, neopromossa in serie A ed ancora imbattuta, la Lazio incontro’ all’Olimpico il Torino di Giagnoni, rigorosamente in panchina col vecchio colbacco.
Era la vigilia di Natale ma quasi quarantamila tifosi corsero allo stadio, tifarono per la Lazio prima di tornare a casa per il cenone, scartando a mezzanotte i regali. Erano i tempi in cui, a pallone, si giocava anche nei giorni delle feste comandate. In cui la Lazio di quegli anni vinceva pure nei super-festivi. La domenica di Pasqua del ’74, ad esempio, la Lazio di Maestrelli costruì una delle sua pagine più leggendarie, rimontando il Verona all’Olimpico, segnando tre reti nella ripresa, finendo per vincere quattro a due.
Erano i tempi in cui gli stadi, pure a Natale e a Pasqua, erano pieni come un uovo. Erano gli anni in cui il sindacato dei calciatori non aveva preso il sopravvento, imponendo lunghe vacanze natalizie alla Lega, il contrario di quello che accade in Inghilterra, nel paese del football più opulento.
Il 24 dicembre di quarantuno anni fa – sembra ieri, ahinoi – Chinaglia si fece parare un rigore da Castellini, la Lazio non abbatte’ il muro granata, pareggiando a reti bianche, ma fu bello ed emozionante, per quarantamila fratelli Laziali, andare allo stadio, farsi gli auguri all’Olimpico, tornare a casa e festeggiare il Natale.