di Giorgio Bicocchi
Beograd, Stadion Partizana: già la denominazione dell’impianto dei bianconeri del Partizan, nella capitale serba, trasmetteva un po’ di inquietudine. La Lazio – il 5 novembre di sedici anni fa esatti – ci arrivava poi reduce dal fastidioso 0 a 0 colto nella gara di andata degli ottavi di Coppa delle Coppe. Un cammino – quello nel torneo continentale che, al termine di quell’edizione da noi messa in bacheca, sarebbe poi stato cancellato dall’Uefa – iniziato soffrendo a più non posso contro il Losanna.
Uno a uno all’Olimpico, a metà settembre, giocando per larghi tratti della sfida in inferiorità numerica e poi due a due in Svizzera, al termine di una gara al cardiopalma, in bilico fino al ’95.
Insomma, le ore antecedenti alla partenza per Belgrado erano state oggetto di turbolenze. Eriksson ancora non poteva schierare Nesta e Vieri (entrambi infortunati gravemente) e – ne converrete – la Lazio, senza di loro, inevitabilmente era un’altra cosa. Forte, temibile, certo, ma non imbattibile o quasi come lo sarebbe stata con Sandro e Bobo.
Occorreva segnare, quella sera di sedici anni fa, a Belgrado per passare il turno, piombando ai quarti di finale dell’ultima Coppa delle Coppe della storia. Eriksson schiero’ – per quella che poteva considerarsi una piccola impresa alla luce del valore del talentuoso Partizan, per giunta incrociato in casa propria – la migliore Lazio che poteva. Ovvero: Marchegiani Pancaro Couto Mihajlovic Favalli Conceicao Almeyda Venturin Nedved Salas e Mancini. Nella ripresa entrarono Stankovic (subito decisivo, come vedremo), Boksic e Baronio. Fischi per Sinisa e Deki, ovviamente, perché smaccatamente di parte, ovvero ex giocatori dei rivali storici della Stella Rossa.
Gara in salita, sotto nel punteggio e nel gioco. Poi il pari di Salas, su rigore, alla fine del primo tempo – come tutti i gol segnati ai margini della chiusura delle prime frazioni – orientò a nostro favore la contesa. Stankovic (raffigurato in una bella foto a corredo, a petto in fuori, come sua consuetudine) segnò – su intuizione di Mancini – il gol che voleva dire qualificazione. Il matador Salas triplicò, zittendo il pubblico del Partizan, chiassoso e arrogante. Poco importa che i serbi segnassero, poco dopo, il punto del 2 a 3: con una bella impresa calcistica la Lazio espugnò così Belgrado e, con essa, uno dei campi più caldi del panorama internazionale.
Conoscete bene come si evolse, poi, il cammino in Coppa delle Coppe. Sette gol complessivi rifilati al Panionios, nei quarti di finale. Due pareggi sofferti contro i ferrovieri del Lokomotiv Mosca, in semifinale. Fino alla capocciata – con la fronte ferita e coperta con un turbante – di Bobo Vieri e allo squillo decisivo di Pavel Nedved nella finale storica di Birmingham, Coppa delle Coppe del ’99 in bacheca, Maiorca all’angolo.
Sarebbe stato tutto inutile, però, se la banda-Eriksson, senza il gol decisivo di Dejan Stankovic, avesse fatto clamorosamente cilecca, a Belgrado, il 5 novembre 1998.