La ferita al cuore per la Polisportiva arriva proprio la vigilia di Natale.
Di ferita si tratta perché la scomparsa di Franco Baccini porta via una delle figure piu’ leggendarie della Lazio. Una istituzione per il nuoto, laziale prima, azzurro poi. La Lazio nel cuore, oggi piu’ di ieri perché la vecchiaia, l’incalzare degli anni, ad un certo punto, è pellicola struggente, che riporta alla giovinezza. E con la Lazio Baccini visse il periodo piu’ romantico della sua carriera.
Impossibile che la Polisportiva, nata sul Tevere, non eccellesse negli sport acquatici. E la sezione Nuoto fu, a lungo, uno scrigno di vittorie. Roba quasi da scriverci un film, se si possedesse la vena degli sceneggiatori. Era presente, Baccini, quando la Lazio Pallanuoto vinse lo scudetto del ’45, poi misteriosamente revocato dalla Federazione che pure aveva già provveduto a consegnare agli atleti laziali la medaglia celebrativa. “Ci tolsero lo scudetto ma io quella medaglia mai l’ho restituita”, ha raccontato, la scorsa estate, al Centro Studi Nove Gennaio Millenovecento rievocando proprio gli anni d’oro del nuoto e della pallanuoto laziale.
Dovette attendere undici anni per saldare il conto col destino: vincere il primo scudetto della Pallanuoto. Partite disputate all’aperto, d’estate, nella piscina dello Stadio Flaminio, dove la Lazio Nuoto, complice le intuizioni di Renzo Nostini, preparava, con i fantastici nuotatori dell’epoca, una collana di trionfi. Istantanee di una Roma-sparita accompagnarono quella vittoria storica: si arrivava in piscina in Vespa, molti Romani, che erano in villeggiatura sul litorale, piombavano al Flaminio solo per ammirare la Lazio e quel titolo in arrivo. Perché la sezione Nuoto, allora, era un condensato di personaggi straordinari, bravi pure con la calottina: Pedersoli, ad esempio, e Pucci, una sorta di uragano in piscina, compagno di Baccini nella cavalcata dello scudetto del ’56. Erano le stagioni degli atleti poliedrici, polivalenti: e la piscina del Flaminio fu testimone della crescita tecnica e della consacrazione di autentici predestinati.
Franco, nella Lazio, fu tutto: atleta, campione, allenatore. Prima di curare, per lunghi, venti anni pure la Nazionale femminile. Ecco perché la sua scomparsa non solo immalinconisce la Lazio ma priva l’intero nuoto azzurro di una sorta di Totem. Ha incarnato i valori del rispetto degli avversari, della legalità in acqua, della sobrietà, anche nei trionfi. I cromosomi dello sportivo vero, insomma. Concetti cari ai pionieri che la Lazio, ai primi del ‘900, fondarono e che Renzo Nostini, il presidentissimo della Lazio Nuoto, sventolo’ per anni, senza false ipocrisie. Ecco perché, da quando si è diffusa la notizia della morte di Baccini, la Lazio (ed i laziali, in generale) si sentono piu’ soli e piu’ poveri.
In foto la formidabile squadra del 1956, con la palla in mano a Franco Baccini.