di Giorgio Bicocchi
Nei numeri si condensa, da sempre, la vita di ogni sportivo praticante. E “Checco” Antonazzi, se fosse ancora in vita, potrebbe esibire virtu’ da predestinato. Undici anni con la maglia della Lazio addosso, di cui ben nove da titolare indiscusso. Poco oltre duecentocinquanta presenze con la nostra maglia, mica quisquilie, roba da farlo annoverare nella griglia (eletta) di coloro che, per numero di presenze, possono essere definiti i piu’ affezionati dell’intera storia della Lazio.
Classe ’24, difensore arcigno, non molto alto ma abilissimo negli anticipi e nella chiusure. Tesserato alla fine della Guerra, resto’ fino al termine del campionato 1955-56, andando via – lui, nato a Morlupo, laziale a rigorosi diciotto carati – poco prima della vittoria in Coppa Italia, il nostro primo trofeo della storia. Gioco’ con Sentimenti III e Sentimenti V, diresse con Furiassi, Alzani, Remondini e Malacarne, una difesa impermeabile, che non lasciava spazio neppure ad uno spillo. Fu dalla classe e dalla sostanza della retroguardia che la Lazio, in quei primi, struggenti anni Cinquanta, complice pure il genio di Flamini e Puccinelli, resse il passo delle corazzate del Nord, classificandosi per tre volte al quarto posto.
Proprio oggi ricorre il diciottesimo anniversario della morte di “Checco”, andato via troppo presto, a soli 71 anni, dopo aver rivestito pure incarichi da tecnico e da osservatore della Lazio.
Il Centro Studi, unitamente a quei laziali che ebbero la fortuna di vederlo giocare allo “Stadio Torino”, sempre con grinta e dedizione, ha ritenuto opportuno dedicargli un segno di attenzione.