di Giorgio Bicocchi
Raccontano che fosse lui, GIovanni, il fratello più appassionato, quello che aveva eletto la Lazio come fede incrollabile. E che fosse stato lui, più di altri, a convincere Sergio non solo ad acquisire il pacchetto di maggioranza del club ma, soprattutto, ad investire pesantemente, lanciando la Lazio nel cerchio ristretto delle società più ricche ed opulente del mondo. Classe ’34, una carriera in banca, tra numeri e rendiconti.
Poi al timone della finanziaria del gruppo di famiglia. Esattamente venti anni fa moriva GIovanni Cragnotti, il fratello più grande del Dottore, vice-Presidente della Lazio: una investitura ufficiale brevissima, la sua, piegato dall’evolversi di una malattia senza scampo. Ecco, il rammarico per GIovanni fu proprio quello: se ne andò nel marzo del ’93. La nuova, ricca Lazio cragnottiana aveva riguadagnato il palcoscenico europeo, cominciando a sognare i primi, struggenti trofei. GIovanni Cragnotti non si godette la creatura messa in piedi dal fratello: in fondo la sua fu Lazio ancora incompiuta, un gruppo che stava seminando in attesa di raccogliere.
La crudeltà della vita, se volete. Avrebbe potuto girare il mondo, mica da comprimario ma da primattore, demiurgo di una Lazio invincibile o quasi. Il destino lo privo’ della gioia più grande: vedere la Lazio vincere, sotto la gestione della propria famiglia. Doveroso oggi, a venti anni dal suo addio alla vita, riannodare la sintesi della sua avventura. Con un dubbio: chissà se senza la spinta impressa dal fratello più grande, Sergio avrebbe davvero rotto gli indugi. Entrando nel calcio, nella Lazio e nella storia della prima squadra della Capitale.