di Giorgio Bicocchi
Era il 5 agosto del 2005 quando, di prima mattina, si sparse la notizia della morte di Giuliano Fiorini. Aveva appena quarantasette anni, il “bomber”, stroncato, in una clinica di Bologna, dal solito male che non perdona. Una di quelle figure a cui i laziali di ogni età sono affezionati: il colpo di biliardo con il quale trafisse il portiere del Vicenza Dal Bianco, il 21 giugno dell’87, resterà scolpito nella mente di ogni appassionato laziale.
In mezzo due anni di Lazio da condottiero, cinquanta presenze, dieci gol complessivi. L’aquila stilizzata sul petto, ad illuminare una delle piu’ belle mute da gioco di sempre. La Lazio del -9, quella della rimonta e della voglia di ribellarsi ad un destino già scritto.
Gioco’ con Simoni e poi Fascetti, in una Lazio che arrancava per cercare di risalire la china, dilaniata dai debiti, inseguita dalle banche. Fu lui ad evitare l’onta della retrocessione in C1: chissà cosa sarebbe accaduto senza quella prodezza. Da allora, complice quel prodigio e atteggiamenti da vero “leader” vissuti in gruppo, Giuliano è entrato coi fatti nell’immaginario dei tifosi laziali. Restando legatissimo, lui, autentico giramondo del pallone per via di una carriera su e giu’ per lo Stivale, ai nostri colori.
Si, la Lazio gli era rimasta nel cuore: nella ricevitoria di Bologna, che aveva aperto con un po’ dei risparmi messa da parte, riceveva spesso amici e sostenitori laziali. Da allora, da otto anni, il 5 agosto è giornata di commemorazioni: non sono mancati trofei a lui dedicati, con la partecipazione della moglie e dei figli. Perché Giuliano, con quella chioma perennemente arruffata, le basette lunghe, i calzettoni abbassati, l’andatura da mandriano, è come se fosse uno di noi. E quel pianto liberatorio, alla fine di Lazio-Vicenza di ventisei anni fa, è istantanea rabbiosa che mai ci abbandonerà. Per questo oggi, al mare, ai monti o in città, sotto la canicola, sarebbe bello che ogni laziale riservasse a Giuliano un pensiero affettuoso e romantico.