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Marco Ballotta, il nostro highlander
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di Giorgio Bicocchi

BallottawtmImmarcescibile. Ti voltavi verso la panchina e lui c’era sempre. Fedelissimo ‘dodicesimo’, scudiero di Marchegiani, Peruzzi, Sereni, Muslera. Caparbietà, voglia di non mollare. Professionalità, abnegazione. Chiuse la carriera nella Lazio a Marassi nel maggio del 2008: quel pomeriggio (la Lazio vinse due a zero) andò in campo a quarantaquattro anni suonati, record dei record.

Auguri a Marco Ballotta che oggi festeggia il mezzo secolo. Cinquant’anni esibiti con grande classe, eleganza. Un bel Laziale, Marco, che mai manca – anche dall’amata Emilia – ogniqualvolta viene interpellato, di spendere parole di incoraggiamenti verso i suoi vecchi colori. Arrivo’ da Reggio Emilia nell’estate del ’97, richiesto espressamente da Eriksson. E con lui, portiere che mai tradì emozioni, eri al sicuro. Vinse tutto quello che c’era da vincere, divertendosi un mondo anche in allenamento quando, più volte, era frangiflutti implacabile pure per fenomeni come Sinisa, Mancio e Veron. Numero uno freddo, il nostro highlander. Con lo scudetto sul petto scelse di andare ancora a giocare, da titolare, lontano da Formello. Per stupire ancora. Delio Rossi lo richiamo’ nel 2005, in una Lazio francamente diversa da quella – stellare – che aveva lasciato. Chiamato a coprire le spalle a Peruzzi e Sereni si ritrovo’ nuovamente in trincea, portiere che mai faceva sentire in soggezione la difesa, schierata davanti a lui. E giù altri record, lui, inno alla longevità agonistica. Muslera non convince? E Marco difende con baldanza la porta della Lazio anche in Champions League, giocando tutte le otto partite giocate in Europa, nell’ultima nostra avventura nella rassegna più ambita e più opulenta.
Ragazzo serio, una delle coscienze di quelle Lazio, quella lustrini e paillettes allestita da Cragnotti e quella più povera costruita da Lotito. Uno su cui puntare, sempre e comunque. Per qualsiasi esigenza.
Tanti auguri, Marco, pluridecorato con scudetti e Coppe in bacheca.

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