di Giorgio Bicocchi
Mancini – che pure in carriera si era allenato contro Victor, Vierchowod e Pari, gente che non voleva perdere neppure cimentandosi con i figli – ancora ricorda le sue entrate temerarie in allenamento. Un giovedì Simeone non c’è la fece più a trattenersi: reagì, lo prese per il collo, subendo pure la sua reazione.
Eriksson, per ristabilire la situazione e per punirli, li escluse dalla successiva trasferta di Cagliari.
Ecco chi era Fernando Couto, una delle anime di quella Lazio che, dal ’98 in poi, vinse tutto. O quasi tutto, considerando solo l’accesso ai quarti in Champions. Consideratelo una sorta di talismano: sbuco’ a Fiumicino dietro la testa rasata di De La Pena, ingaggiati entrambi dal Barcellona. Sembrava il classico ‘pacco’, infiocchettatoci dalla Catalogna: si rivelo’ – a conti fatti – uno degli ingaggi più intelligenti e proficui dell’era-Cragnotti, la più bella della nostra storia.
Oggi, 2 agosto, Fernando Couto, classe ’69, compie 45 anni. Uno che – per la tigna e l’impegno che metteva sempre in campo – e’ rimasto nel cuore della gente. Ci fosse stato un applausometro, nella passata, epica notte del 12 maggio, – quando tutte le Lazio più amate sono passate in rassegna all’Olimpico – lui, Fernando, l’uomo di Espinho, la città portoghese dove è nato, si sarebbe piazzato ai primissimi posti di quella graduatoria specialissima di palpiti ed emozioni.
Sette anni di Lazio, mica uno, dopo aver vinto a Oporto e al Camp Nou. Scudetti di Portogallo e di Spagna, Coppe del Portogallo e Coppe del Re. Poi la Lazio, Eriksson, in tandem con Nesta o Mihajlovic. Esordi’ ufficialmente in una afosa notte di fine agosto nel vecchio Delle Alpi: eravamo rimaneggiati ma portammo a casa la prima Supercoppa, due a uno e la Juve a meditare. Potenza di uno abituato sempre a vincere, mai a partecipare solamente. Da allora una sequenza di vittorie, Coppe, scudetti. E pure gol pesanti: come quello che oriento’, a San Siro, nella primavera del 2004, il blitz contro il Milan in Coppa Italia. L’ultimo regalo della banda-Mancini. Si affeziono’, eccome, Fernando alla Lazio tanto da decurtarsi dieci volte lo stipendio, quando arrivo’ Lotito, pur di restare (da capitano) al timone di quella Lazio nuovamente povera e squattrinata. Un uomo vero, Fernando, un amico dei nostri colori. Buon compleanno, guerriero, ovunque tu sia.