di Giorgio Bicocchi
Trentanove anni fa – il sedici dicembre 1975 – moriva a Buenos Aires Silvestro Pisa. Avranno certamente un fremito i vecchi appassionati Laziali, quelli che, negli anni Quaranta, cominciavano a seguire con affetto le sorti della nostra amata. Pisa incise, eccome, in quegli anni a ridosso della guerra.
Arrivò a Roma assieme ai compagni Barrera e Flamini: erano i tempi degli “oriundi”, quando i porti del Nord e del Centro Italia registravano l’arrivo dall’Atlantico di piroscafi ansimanti in cui molti ragazzi, provenienti dal Sud America – dopo settimane di navigazione – sognavano di sfondare nel nostro calcio.
Il solco era stato tracciato, anni prima, dall’argentino Orsi, dal paraguaiano Sallustro, dal brasiliano Guarisi, tesserato proprio dalla Lazio. Bastava possedere un lontano avo e la pratica di naturalizzazione era bella ed orientata. Successe lo stesso per Pisa che vantava antenati arrivati nel Nord d’Italia e lì rimasti. Non fu un carneade, al pari di altri ragazzi della sua età che, in Italia, conobbero solo delusioni. Era un centrocampista/attaccante che, oggi, definiremmo moderno, Pisa. Capace di impostare a testa alta, freddo e letale in area avversaria. Nella Lazio restò dal ’39 al ’43, esibendo con orgoglio il record materializzato nella stagione 1941-41, quattordici gol realizzati in ventisette gare. Duettò con Piola e Flamini, regalando ai fortunati che li videro giocare allo Stadio del Partito partite memorabili.
La foto che lo ritrae – nell’anniversario della morte, arrivata presto, a soli 59 anni – lo immortala, primo da sinistra, assieme a Barrera e a Flamini (l’ultimo a destra). Barrera restò alla Lazio solo un anno mentre “Flacco” Flamini, come sapete, fu bandiera e Totem di una Lazialità che sventolò per anni, mai ammainata.
Una storia lontana e romantica, uno sprazzo di Lazio che scavalla fino all’avvento degli anni Quaranta. Una maglia celeste che sprizzava prestigio e senso di appartenenza. Capelli corti, riga in mezzo, fisico da decatleta, carattere e tigna sudamericana. Tutto questo regalò Silvestro Pisa, l’amico di Piola e Flamini.