di Giorgio Bicocchi
Fascetti lo spedì in campo in un uggioso pomeriggio d’autunno e l’Olimpico, spesso crudele, non lesinò critiche al cianuro. Legnoso, spaesato, forse capitato in una avventura più grande di lui. Comincio’ così, nel 1986, si, proprio nella stagione del meno nove, il romanzo di Angelo Adamo Gregucci con la Lazio.
Sette anni tutti d’un fiato, fino al ’93, assistendo all’evoluzione di una squadra e di una società. Attenta ad eliminare ogni spreco superfluo, con i fratelli Calleri al timone di via Col di Lana, opulenta e ricca di intuizioni miliardarie con Sergio Cragnotti, insediatosi a Formello, scrutando l’orizzonte e sognando titoli e Coppe.
Quasi centonovanta presenze complessive in maglia Laziale, impreziosite pure da una dozzina di gol. Perché Angelo – ragazzo di mare innamoratosi, proveniente da Taranto, della Lazio, della sua gente e della sua storia – sapeva eccellere spesso in anche in area avversaria, saltando talvolta più di Riedle, con cui gioco’.
Ha dialogato, in campo, con vari interpreti, specchio di quelle Lazio che, gradualmente, si evolvevano, migliorandosi, eccome. Protesse le spalle a Terraneo, Martina, Fiori, ad esempio. Fu in tandem con Raimondo Marino, tra i cadetti come in A. Il primo a cui passava la palla, facendo ripartire l’azione? Gabriele Pin, capitano silenzioso per sei anni. Abbraccio’ Ruben Sosa, Di Canio. E poi Caso, Sclosa, Icardi, Acerbis, in rigoroso ordine sparso. Quando arrivarono Doll, Riedle e Gascoigne, Angelo capi’ che la Lazio operaia che lo aveva lanciato all’Olimpico, prelevandolo dai grigi dell’Alessandria, era ormai un ricordo sbiadito.
Lavoro’ moltissimo per migliorarsi tecnicamente, Angelo. E ci riuscì perché il carattere, la tigna e la determinazione furono – sempre – il suo marchio di fabbrica. A lui, alla sua sagoma slanciata di un bel Laziale, sono legati ricordi struggenti. Gli spareggi di Napoli, quel manipolo di eroi contro tutto e tutti, ma pure il ritorno in Europa, trascinati dalla concretezza di Superdino. E poi derby coriacei, combattendo su ogni zolla di campo contro Voeller e Rizzitelli, spauracchi dell’epoca.
Oggi Angelo Adamo Gregucci, classe ’64, tecnico che non disdegna di salire e scendere lo Stivale appresso ad una panchina, festeggia 50 anni. Doveroso fermarsi, riavvolgere la sua storia di ragazzo del Sud che, con noi, trovo’ fortuna esternando sempre con baldanza una Lazialita’ coinvolgente, e mandargli un grande abbraccio.