di Giorgio Bicocchi
Festeggia, Mathias, i tuoi primi quarant’anni, alza i calici, bacia la tua famiglia, solleva gli occhi al cielo e ritorna con la mente agli anni più belli della tua carriera. Che hai vissuto all’Olimpico, correndo per tutti (al servizio di Mancini, più degli altri, come simpaticamente, ogni volta che lo senti, gli rinfacci), in uno stadio sempre zeppo, brulicante di passione.
Con gli stessi colori dell’amata Argentina addosso, hai reso come un gigante. ‘El tractorito’, ti chiamavano in patria e mai soprannome fu più azzeccato. L’uomo-pressing, che non mollava mai, che correva come un ossesso su ogni zolla di campo. Avessi avuto in dono pure la precisione nel calciare in porta, Mathias, saresti entrato nella griglia dei più forti al mondo. Eppure Buffon, in quella notte al Tardini, si arrese ad una tua esecuzione estemporanea, quasi da metà campo. Uno dei gol più emozionanti della storia della Lazio. Ti ingaggiammo dal Siviglia, lentamente, dall’autunno in avanti, ti prendesti la Lazio, mettendoti in tasca, tanto per gradire, quattro derbies in cinque mesi.
Hai duellato alla morte con Davids, rivale in quella Juve orgogliosa con la quale duellammo fino alle 19 del 14 maggio del Duemila. Carattere ribelle, accettavi poco le regole e le consuetudini. A Formello c’era aria di tramontana? E tu venivi quasi a torso nudo. Ti cedemmo per ingaggiare dal Parma Crespo. Tu e Sergio Conceicao in Emilia, Hernan con noi. Per carità, Crespo segno’ come un martello ma la Lazio, una volta che si privo’ di uno stantuffo come te, mai ritrovo’ – nelle stagioni a seguire – un mediano a tutto campo delle tua caratura.
Sei stato magnificamente alla Lazio, vincendo tutto quello che c’era da arraffare, Champions esclusa. Lasciata la nostra squadra sono iniziati i disagi. L’alcool, la depressione. Come quella volta che tua figlia ti disegno’ come se fossi un leone smarrito. Corresti dallo psicologo per sentirti meglio. Amavi le sfide. E pure da allenatore, la carriera intrapresa dopo aver smesso di giocare, le sfide le hai cavalcate senza remore. Il River Plate tornava in serie A dopo lo smacco della retrocessione? E tu, allenatore dei biancorossi, festeggiavi come un bambino nelle vie di Baires.
Mathias Almeyda, nato il 21 dicembre 1973, recitano gli almanacchi. Buon compleanno campione, figlio acquisito di Formello, protagonista del secondo scudetto. Preso di petto, sgommando contro un destino che pareva già scritto. Sventolando il bianco e celeste. I colori magici della tua vita. Con quella faccia da indio che non si piega.