di Giorgio Bicocchi
L’abitudine c’era: nel ’68 la Lazio aveva già vinto il “Torneo De Martino”, competizione riservata ai rincalzi, battendo in finale il Monza per uno a zero, complice una prodezza di Claudio Brai. E nel giugno del ’74 – si, proprio un mese dopo essersi cucita sul petto il primo scudetto della storia – la Lazio avrebbe poi trionfato anche nel Campionato Under 23, battendo a Terni la Fiorentina per quattro a zero, con reti di Martini, D’Amico e una doppietta di Franzoni. Erano partite che si giocavano alle due e mezzo del mercoledi’: un campionato vero e proprio, infrasettimanale, non vissuto dai titolari (o almeno l’80% di essi) ma dalle riserve.
Che poi tanto riserve non erano perché una prestazione convincente sciorinata nel “De Martino”, spesso, fungeva da trampolino di lancio per esibirsi in “prima squadra”.
Il destino volle che la Lazio, appena retrocessa, vincesse, all’inizio dell’estate del ’71, due trofei nello spazio di poche ore. Il giorno prima della finale di Coppa delle Alpi contro il Basilea, infatti, la Lazio, a Firenze, guidata in panchina dal leggendario “Flacco” Flamini, vinse per la seconda volta il “Torneo De Martino”. Contestata, immalinconita dalla retrocessione ma capace comunque di mettere in bacheca due vittorie di spessore. Delusione e riscatto, rabbia e resurrezione: una storia classica da Lazio, insomma.
Il trionfo arrivo’ al termine di ventinove, sudatissime partite: un girone eliminatorio che promuoveva le prime tre di ogni raggruppamento. Poi altri due mini-gironi da sei squadre, con le prime due destinate a giocarsi la finalissima. E cosi’ fu. Lazio contro il Milan, disse il tabellone. Gara di andata il 16 giugno del ’71 a Carnago. Sotto gli occhi di Nereo Rocco, con un campo privo della rete di recinzione, la Lazio perse due a uno. Andando sotto di due gol, accorciando con Vulpiani, rendendosi pericolosa fino alla fine. Durante l’intero arco del Torneo era stato Lovati a guidare la squadra. Ma con Lorenzo cacciato con ignominia alla fine del campionato, Maestrelli appena arrivato e ovviamente ancora non tesserabile, Bob fu dirottato a guidare la Lazio nelle ultime partite di Coppa delle Alpi. Con Flamini in panchina, al Flaminio, davanti a seimila spettatori, in un caldo pomeriggio di giugno inoltrato, la Lazio pareggio’ il conto col Milan (allenato da Cesare Maldini), vincendo due a zero con reti di Massa e Nanni. Fosse contato il regolamento di oggi, in virtu’ del gol realizzato in trasferta, la Lazio avrebbe potuto festeggiare la vittoria. Invece, a parità di vittorie, occorreva la “bella”. Cosi’ la Lazio, il giorno successivo, parti’ per Firenze dove il 24 giugno, allo stadio Franchi, battendo il Diavolo per uno a zero, vinse il suo secondo “Torneo De Martino”. Una data ed un evento da sottolineare col lapis blu: da allora il “De Martino” non si disputo’ piu’ per via degli ingenti costi (soprattutto nell’organizzazione delle trasferte) che dovevano sopportare le squadre. Fu la Lazio, pertanto, ad apporre per ultima il proprio nome nell’albo d’oro. Un po’ come quello che successe nel ’99 alla Coppa delle Coppe: vinta da Eriksson, Vieri e Nedved contro il Maiorca e poi andata definitivamente in pensione.
Nella partita disputata al Flaminio, Guido Magherini era stato sonoramente contestato da parecchi tifosi. Era arrivato alla Lazio a novembre, proveniendo proprio dal Milan. Qualcuno gli comincio’ ad imputare scarso impegno. La contestazione monto’, fece proseliti e Magherini, per la rabbia e un senso crescente di frustrazione, fu costretto a chiedere il cambio, uscendo in lacrime dal Flaminio. Per uno scherzo del destino fu proprio lui, nella “bella” contro il Milan, a propiziare la vittoria finale, giocando a tutto campo, inventando palle-gol. Fu il terzino Carratoni, nel secondo tempo, a realizzare la rete della vittoria, sancendo una supremazia, nelle tre sfide complessive, nitida.
La formazione di quella squadra – ovvio che sia cosi’ – non è snocciolata a memoria da ogni laziale, come accade puntualmente quando viene rievocata, dall’uno di Pulici all’undici di D’Amico, la storica banda dello scudetto ma, legittimamente, è qualcosa di cui andare fieri. Eccoli, allora, gli eroi di quel “De Martino”: Fiorucci Carratoni Perrotti Nanni Andreuzza Caroletta Mariotti Papi Vulpiani Magherini Forti. Tornati a Roma, il giorno successivo Lenzini, Sbardella, Maestrelli e Ziaco partirono per Basilea dove la Lazio, guidata da Long John, si stava apprestando a vincere la Coppa delle Alpi. “Tommaso, sei già un portafortuna, quando ci sei tu la Lazio vince ovunque”, grido’ il Sor Umberto, attentissimo alla scaramanzia, a Maestrelli. Era solo l’inizio di una avventura irripetibile.