di Giorgio Bicocchi
Se i seminaristi scozzesi – che amavano correre e giocare a Villa Borghese – avevano trasmesso, all’inizio del Novecento, ad Ancherani e ad i suoi emuli la passione per il football, la nascita della Lazio Rugby va certamente ascritta ad alcuni studenti britannici che, a Roma, studiavano. Millenovecentoventisette, l’anno in cui la palla ovale fa capolino in città, è questo, documentato dai giornali e dalle ricostruzioni dell’epoca.
I fondatori sono i mitici fratelli Vinci (Eugenio, Paolo, Piero, Francesco, figli di un ambasciatore), lo studente Balsch e il milanese Squadrilli. Presidente di quella squadra venne eletto il corrispondente, a Roma, del New York Times, Cortese. Una sorta di multinazionale, molto aristocratica.
Insomma, tanto per scatenare un po’ di sfotto’, mentre nel 1927 alcune società calcistiche della Capitale si fondevano per dare origine alla A.S. Roma, la Lazio, che già vantava diverse sezioni ed oltre un migliaio di praticanti-iscritti, ebbe il merito di aver importato in città il fascino del rugby. Una delle più antiche società italiane: il vanto è noto e vale la pena – nell’anno, l’attuale, in cui il quindici laziale continua a militare nel Torneo Eccellenza, a braccetto con le tradizionali potenze del Nord della palla ovale (Petrarca, Rovigo, etc.) – ricordarlo.
Il 13 maggio del 1928 la Lazio debuttò allo stadio del Partito (quello che poi sarebbe diventato il catino del Flaminio) controla Leonessa Brescia. Oltre venticinquemila persone, anche complice l’ingresso gratuito, si radunarono per assistere alla partita. Che, per inciso,la Laziovinse con un punteggio rotondo:17 a0. Il quindici schierato per l’occasione? Legittimo citarlo perché quella squadra fece conoscere alla città il fascino di una disciplina faticosa, umile e ricchissima di valori morali: Balsh, Vinci III, Vinci II, Vinci I, Riganti, Squadrilli, Montagna, Giuliani, Nathan, Rusticali, Nagaillard, Piergentili, Nisti, Maccani, Bigi. L’allenatore? All’epoca, nei primi anni del rugby italiano, capitava che allenatore e giocatore si fondessero in un’unica persona: nella Lazio di allora tali funzioni erano infatti ricoperte proprio da Squadrilli, uno dei fondatori.
Nel febbraio del ’29 prese il via il primo Campionato ufficiale di rugby. Ed anche qui, come nel pallone, dovela Lazio, negli anni Venti, sfiorò lo scudetto, la formazione laziale entro’ di diritto nella storia. Sei squadre divise in due gironi, con le prime di ciascun raggruppamento che si sarebbero giocate il primo scudetto. La Lazio travolse i Leoni San Marco e Bologna nelle partite di andata e ritorno, chiudendo il proprio raggruppamento a punteggio pieno. In finale i laziali batterono a Roma l’Ambrosiana (che poi sarebbe diventata l’Amatori Milano), perdendo la sfida di ritorno per 10 a 3. Lo spareggio venne disputato a Bologna, in campo neutro, deciso da una meta contestata e da un punteggio molto basso ma, purtroppo, sfavorevole: 0 a 3. Da allora in poi la sezione rugby della Lazio alternò momenti esaltanti (come nella seconda metà degli anni Settanta quando all’Acquacetosa il quindici laziale era solito battere squadroni come Petrarca, Rovigo, L’Aquila e Rugby Roma) a periodi bui e malinconici.
Resta però quella primogenitura, storica ed inattaccabile, datata 1927: se la palla ovale, a Roma, è diventata sport che attrae, forgiando campioni immortali come Paolo Rosi (divenuto poi eccellente telecronista della Tv di Stato), il merito è solo e soltanto della Lazio. Capace, ad esempio, nel maggio del 1930, nella prima partita ufficiale disputata dalla Nazionale contro la Spagna, di fornire ben sei giocatori, quasi la metà della squadra, alla maglia azzurra. Un altro attestato che fa storia. E che rende la Polisportiva realtà che non teme confronti. Con nessuno.