di Giorgio Bicocchi
Istituto Pio IX di Roma: è qui che inizia la favola di Paolo Pucci, uno degli interpreti piu’ luccicanti del nuoto azzurro. Con l’aquila della Lazio Nuoto griffata sull’accappatoio, Pucci semino’ vittorie a raffica in ogni spicchio di mondo. Un predestinato, una di quelle figure baciate dal talento e dalla classe sopraffina. Un bagaglio che, ripensandoci adesso, a sessant’anni di distanza, per via di un carattere talvolta capriccioso, Pucci non riusci’ peraltro completamente ad ottimizzare.
Fu il suo professore di ginnastica ad invogliarlo al nuoto, alla piscina, in quella che sarebbe diventata la sua tana. Ventuno aprile del ’35: ecco la sua data di nascita. Biondo, occhi azzurri, col diploma in tasca, dopo appena due stagioni in piscina, Pucci vinse il titolo nazionale juniores nei1500 metri. Da qualche mese, grazie all’intuito dell’allora tecnico della Lazio Nuoto Candela, Paolo era entrato nel mondo laziale. Un autentico fenomeno in acqua: un fisico portentoso, quasi due metri di altezza. Movimenti regali, tanto che, oltre al nuoto, come allora era tradizione, Pucci si era avvicinato anche alla pallanuoto. Erano stagioni, quelle, in cuila Lazioinseguiva maledettamente il suo primo scudetto. Misteriosamente revocato nel ’45, appena finita la guerra: pareva uno spettro, quel triangolino tricolore, uno dei tanti – se ben ci pensate – che hanno caratterizzato la ultracentaria storia del club piu’ antico della Capitale.
L’incontro con Enzo Zabberoni, portato a Roma dalla Florentia dall’Ingegner Nostini, fu la miccia che accese la sua carriera. Zabberoni era tecnico emergente, che sapeva pronosticare il futuro di un atleta dal modo in cui scendeva in acqua. Zabberoni predisse a Pucci un futuro strabiliante da “centista”. Oltre che una carriera piena di trionfi anche nella pallanuoto. E, d’incanto, come le storie piu’ belle, Pucci visse nel ’56 la stagione della sua consacrazione. Si era già iscritto alla Facoltà di Chimica, abbinando, nel corso della sua giornata, le formule agli schemi della pallanuoto e al perfezionamento delle virtu’ natatorie. Ne scaturi’ un prodotto di laboratorio eccezionale. Pucci fu uno degli artefici dello scudetto della Lazio Pallanuoto. Sempre nel ’56 scese sotto la mitica soglia del minuto nei 100 stile libero.
Ormai il solco era tracciato, il nuoto italiano (ela Lazio, di conseguenza) avevano la fortuna di possedere un atleta in gradi di ribaltare il corso della storia. Fu nel ’58 che Pucci trascino’ l’Italia ad una dimensione internazionale natatoria mai vissuta. Agli Europei di Budapest, stabili’ in semifinale il record continentale dei 100 stile libero con56”e 1, aggiudicandosi poi, in finale, una folgorante medaglia d’oro. Non bastava: ecco l’argento nella staffetta 4 x 200 e il bronzo nella 4 x 200 mista. Un uragano in piscina: riviste, giornali e rotocalchi dell’epoca avevano trovato d’incanto il dominatore delle loro prime pagine. Da allora in poi venne clamorosamente zavorrato dal suo carattere: Già prima degli Europei di Budapest del ’58, il Presidente della Lazio Nuoto Nostini gli aveva inflitto un mese di squalifica per contegno irriguardoso. E pure i rapporti conla Federazionenon erano migliori se anche il numero uno Percuoco, in diverse occasioni, fu oggetto di pesanti polemiche scatenate da Pucci. Cosa pretendeva il campione? Chiedeva un impiego lavorativo. Oppure, in subordine, una retribuzione. Si stava laureando, a fine carriera si immaginava con un camice bianco, magari dietro il bancone di una farmacia. Era l’oggi che lo inquietava, alla stregua di un ragazzo fragile, forse mal consigliato, all’epoca, dalla famiglia e dalla sua cerchia. Insomma, con queste premesse, quelle che potevano essere le sue Olimpiadi (l’edizione del ’60, svoltasi a Roma, nella propria città e nel proprio ambiente) si tramutarono in una colossale beffa del destino. Pucci incrocio’ le braccia, sin dalle settimane precedenti l’avvento dell’anno nuovo. A gennaio chiese ed ottenne un colloquio (infruttuoso) con l’allora Presidente del Coni, Onesti. A marzo, convocato da Zabberoni per un ultimo, disperato tentativo di rinsavirlo, Pucci si presento’ notevolmente sovrappeso. Il campione era salito sull’Aventino, stanco di promesse evidentemente non mantenute. Provo’ ugualmente a rientrare in gioco ma fu troppo tardi: nei 100 stile libero fermo’ il cronometro sui59”, addirittura due secondi in piu’ di quanto magistralmente raccolto, ad esempio, due anni prima, miglior tempo mai registrato in Europa.
Il campione, ormai, si era dato via, inspiegabilmente. Sarebbero servite, forse, doti diplomatiche maggiori di quelle impiegate. E una dose maggiore di elasticità, da parte sua. Pucci, forse, non avrebbe dovuto cedere ai ricatti del suo carattere umorale. La realtà fu amara: le Olimpiadi che potevano consacrarlo re dei 100 stile libero evaporarono cosi’, relegandolo a spettatore non pagante e pure arrabbiato. Fu pero’, a conti fatti, una delle stelle piu’ lucenti del nuoto azzurro e della Lazio. Primatista europeo dei 100 stile libero, sei volte primatista italiano nei 100 e nei 200 stile libero. Campione continentale dei 100 stile libero. Tre ori ai Giochi del Mediterraneo. Protagonista del Settebello dal ’55 al ‘’58. Campione d’Italia conla LazioPallanuotonel ’56: ecco parte del suo bottino.
Uscito di scena e con l’agognata laurea in Chimica in tasca, si ritiro’ a Viterbo, aprendo e gestendo una farmacia. Da allora mai una cerimonia commemorativa della Federazione Nuoto o della Lazio Nuoto lo ha visto nuovamente protagonista. Invecchiando, Paolo Pucci è diventato sempre piu’ schivo e riservato, preferendo custodire i segreti di una carriera strabiliante e di tante, rabbiose rinunce. In un ideale Olimpo degli dei Laziali di ogni sezione, pero’, occupa sicuramente un posto di rilievo. Ecco perché sarebbe inopportuno ed ingiusto che ogni laziale che si rispetti conoscesse solo parzialmente la sua storia.