di Giorgio Bicocchi
Una famiglia allargata, in tempi in cui il conservatorismo regnava, un amore sconfinato per Stefano. ‘Ha deciso sempre di non lasciarlo, rifiutando le offerte di molti clubs che avrebbero voluto ingaggiarlo come capo-allenatore. Mi ricordo di offerte del Perugia, della Samp. Mai un dubbio, un ripensamento. Stefano era il suo mondo: forse per questo il giudice, quando si separò dalla moglie, glielo affido’. Con una decisione, all’epoca, se volete storica. Roberto lo affido’ prima ad una baby sitter poi ad una signora che arrivava ogni mattina da Tivoli, svegliandosi all’alba. Si chiamava Laura e Roberto era legatissimo a lei. Laura si occupava di Stefano, preparava la cena per tutti e due e alle quattro del pomeriggio riprendeva la corriera per tornare a casa. Roberto – che era uomo generosissimo – quando tornava da una trasferta o da un viaggio in cui magari aveva osservato un giocatore nelle mire della Lazio, portava a tutti un segno di attenzione. Al portiere del palazzo, a Laura, ad amici‘.
Ma di Tommaso, di Luciano, di Long John, Bob cosa ti raccontava? ‘Poco, di Giorgio sapevo molto da Patrizia, una delle figlie di Tommaso. Giorgio viveva praticamente da loro, mangiando e dormendo li’. Era molto rispettoso della privacy altrui. Non frequentavamo, nelle ore libere, altre compagne dei giocatori. Una volta mi porto’ in trasferta, ad Odessa: la Lazio era impegnata in una gara di Coppa UEFA’. Perdemmo di misura, per la cronaca, trascinati al ritorno da una tripletta di Giorgione. Nella notte in cui l’Olimpico, a fine settembre, mise in scena una commovente fiaccolata per festeggiare il passaggio del turno ai supplementari. ‘Era molto geloso, questo lo capii subito. E temeva che la nostra storia finisse sui giornali. Una volta una rivista pubblico’ una nostra foto e si rabbuio’ tantissimo‘.
E nei momenti di svago, a tavola, a spasso per Roma? ‘Roberto amava la Roma di una volta – racconta Carla – quando girava in Vespa, come tante foto lo hanno immortalato. Quella in cui giravano poche auto. Gli piaceva passeggiare per i vicoli. Non a caso mi diceva che visse anni bellissimi quando la Lazio aveva la propria sede in via Margutta. A tavola gli piacevano piatti come l’ossobuco. Odiava il filetto, forse per il fatto di averlo mangiato tanti anni, da giocatore, alle undici del mattino. Col fatto poi che andava con la squadra al cinema nelle ore del ritiro, il sabato pomeriggio, mi privo’ di molti films. A pranzo o a cena andavamo spesso alla Taverna Flavia, magari assieme a Nanni Gilardoni, uno dei suoi più grandi amici. Nanni ci ospitava anche in via Nicotera, al pari di tanti altri dirigenti della Lazio‘. Già, via Nicotera, il villino di casa-Gilardoni, quella che per anni e’ stata la seconda sede sociale della Lazio.
E Bob in versione osservatore, quando si recava a visionare la prossima avversaria della Lazio? ‘Qualche volta mi porto’ con lui, ricordo trasferte a Foggia, Genova, Milano. Portava con se’ un blocco, riempiva il foglio bianco di frecce. E l’indomani, in sede, dettava la relazione a Gabriella Grassi o Angelo Tonello‘ .
Gli ultimi anni, la malinconia per la vita che stava ormai sfuggendo. E l’addio alla Lazio, maturato nei primi mesi della gestione-Lotito. Non fu un allontanamento (anche perché Bob stava ormai per varcare la soglia degli ottant’anni) ma il disagio fu comunque profondo. ‘Intui’ la sua difficoltà di parlare di quella situazione e non gli chiesi nulla. Roberto però era triste. Capitava allora che la domenica passavo a prenderlo a casa e lo portavo da me. Mi ero trasferita sulla Flaminia, passavamo la domenica insieme. Gli cucinavo la faraona col pure’. Appena finito il pranzo ci sedevamo sul divano, accendevo la Tv e vedevamo la partita della Lazio‘.
Quando, percorrendo viale dei Gladiatori in direzione Olimpico, scorgevi in lontananza la sagoma di Bob, con loden blu e pantaloni chiari, sembrava ad ogni Laziale che la Lazio fosse già in vantaggio. Trasmetteva fiducia, Bob, sia che di li’ a poco avessero indossato quella maglia Long John oppure Mario Piga o Cupini. ‘All’inizio di ogni campionato mi dava, acquistandola, una tessera della Monte Mario. Sempre per la sua innata riservatezza faceva scrivere sulla tessera il nome della prima moglie. Oppure faceva scrivere solo Carla Lovati. Nel vecchio Olimpico capitava che, nelle giornate di pioggia, i suoi amici giornalisti Sandro Petrucci o Angelo Pesciaroli mi invitassero a salire pochi metri più su, schivando pioggia e ombrelli. Altri tempi, altre storie, un altro Olimpico‘ .
L’eleganza di Bob, un marchio di fabbrica. ‘Era un uomo che teneva molto a vestirsi. Aveva cravatte molto belle, amava le tinte unite, ad esempio, non le camicie a righe. Il loden blu era compagno in inverno. Ma pure in panchina, spesso, lo indossava, scaramantico come pochi. Quando allenava calzava un vecchio mocassino con un buco sotto la suola. Si, era scaramantico, magari non come Lorenzo ma aveva le sue manie‘.
E la casa di Via Nemea? ‘C’erano molte cose, buttate un po’ alla rinfusa. Innanzitutto l’arredamento, a metà tra il vecchio e il moderno. E poi foto, foto dappertutto. Orologi, oggetti di antiquariato, ricordi di una vita. Regali ricevuti da Presidenti o giocatori. No, non era ordinato ma le sue cose, se le cercava, finiva per trovarle sempre‘.
Ora Carla e’ tornata allo stadio, convinta da Angelo Tonello, forse a seguire e a dare seguito ai palpiti del cuore. Quando il tempo e’ buono porta con se’ anche un nipote, ovviamente tifoso Laziale. ‘Sono tornata allo stadio perché, in fondo, mi reputo una grande Laziale. Non sono cresciuta, a Torbole, seguendo il pallone. Mio padre era un tranquillo tifoso del Toro e il mio ex marito non seguiva il calcio. Ma la Lazio, grazie a Roberto, e’ stata parte della mia vita: impossibile allontanarsi‘.
Carla siede in alto, in Tribuna Monte Mario. Sotto di lei, a pochi metri, la nidiata dei Gilardoni, capitanati da Guido, il nipote di Nanni. Poi Marco, il figlio di Gian Casoni. La figlia di Nello Governato. Laziali di vecchia data e non, tutti stretti da una passione che non muore mai. Bob, dalla collina sovrastante l’Olimpico, osservando silenzioso gli amici e la compagna di una vita, annoterà compiaciuto.